Si può essere fragili ma forti, deboli ma indistruttibili? Si può sopportare di tutto, eppure essere sempre, sempre, sul punto di spezzarsi? Viki che voleva andare a scuola ci dimostra che sì, si può. Anche se non mancano i momenti in cui si prega perché tutto ciò finisca.
Adesso chiudete gli occhi.
Anzi no. No no no. Fermi. Facciamo così: finite di leggere la recensione e poi chiudete gli occhi, ok? Altrimenti poi leggerla diventa un problema... COMUNQUE.
Quando finite di leggere, chiudete gli occhi. E immaginate di non avere nulla di tutto ciò che avete: scordatevi gli amici, la bella e confortevole casa dove abitate, il dispositivo da cui state leggendo in questo istante. Immedesimatevi in un bambino che non ha mai avuto niente di tutto questo, anzi, che a stento ricorda il volto di suo padre.
E se la storia di Viki fosse solo questa, se solo questi fossero i suoi problemi, allora la storia forse non sarebbe neppure mai stata scritta. E invece.
E invece Viki non solo è povero, poverissimo, non solo ha il padre lontano, a Milano, mentre lui è ancora in Albania, con due nonni amorevoli ma sempre più vecchi, una madre che giorno dopo giorno appare più stanca, più provata, più distrutta. E con Brunilda, una sorellina che parla, gioca, parla, beve, parla, mangia, parla, chiede e... beh, parla.
Viki dovrà lasciare tutto questo. Dovrà lasciare tutto il suo mondo, il suo piccolo, povero, eppure accogliente mondo, per raggiungere il padre in Italia.
Quindi salirà con la madre e la sorella su un barchino minuscolo, lui, e chissà quante altre persone, 20, 30, 50 o forse anche il doppio, il triplo... un ammasso, un groviglio di vite umane, tutte con le loro passioni, i loro affetti, i loro ricordi e le loro paure, ma per chi le trasporta da uno stato all'altro sono solo, soltanto, soldi.
La storia vera di un bambino che nonostante tutto, nonostante i topi che si inoltrano nella baracca dove dormono in 6 (poi 7), nonostante gli insulti, le denigrazioni, le derisioni, nonostante il sentirsi sempre un essere inferiore per l'etnia, ha sempre avuto voglia di studiare, di crescere, di imparare, di gridare al mondo che lui ESISTE.
«Cosa sono i comunisti, Viki?» «Non lo so, Brunilda. Dev’essere qualcosa che rovina i pomodori. Perché ogni volta che a Lezhe grandinava, il nonno se la prendeva sempre con i comunisti.»
Viki che voleva andare a scuola
Autore: Fabrizio Gatti
Anno di pubblicazione: 2003
Età adatta: dagli 11 anni
Lunghezza: medio (272 pagine)
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