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Immagine del redattoreBianca Fungo

Se questo è essere umani...

Qualcuno potrebbe dire che Primo levi è solo l’ennesimo libro sull’Olocausto. Lo so. Ma il mondo ha davvero un gran bisogno di questo genere di libri.

Il fumetto che voglio recensire è uscito qualche tempo fa con Repubblica. Primo Levi, di Matteo Mastragostino e Alessandro Ranghiasci, è ambientato a Torino, in una scuola elementare in cui sta per arrivare un ospite speciale. Anche se, come dice la maestra, è un eroe di guerra, non ha mai sparato. Non ha ucciso nessuno. È stato malmenato, denutrito, insultato e degradato, ma non si è mai vendicato e non solo perché aveva a malapena la forza per restare vivo: Primo Levi.

Primo Levi va nella scuola per raccontare la sua esperienza, e comincia con lo scrivere sei numeri sulla lavagna: 174517. Sono i sei numeri che Primo porta, con un tatuaggio nero sbiadito, sul braccio. Se non lo aveste capito, Primo è un reduce dai campi di concentramento. È stato catturato e deportato ad Auschwitz, perché ebreo e partigiano. Gli sono stati rasati i capelli, tolti i vestiti e data una tuta a righe grigie, con una stella gialla, un marchio di infamia impressogli per la sola colpa di esistere. E fidatevi, non una sola persona sulla faccia della terra ha chiesto di esistere.

Come racconterà alla classe, Primo nel lager scoprirà che i campi ti annientano. Ti rendono

meschino. Ti fanno pensare solo alla pelle, a guardare gli altri come si guardano due cani da

combattimento, sapendo che chi perde morirà. Il fumetto non arriva alla fine della vita di Primo, ma tutti sappiamo com’è andata. Levi era ossessionato da una domanda: “Perché io? Perché io sono vivo e tanti altri no?” Un senso di colpa che se lo mangiò da dentro, prendendosi decenni dopo una vita che era sfuggita agli orrori di Auschwitz. Un inquilino della sua anima che lo portò a morire, probabilmente suicida, per una caduta dalla tromba delle scale.

Ad Auschwitz i sogni sbiadivano in fretta.

Una poesia di Primo Levi dice di domandarsi se un recluso è ancora un uomo. Ma io mi chiedo: i carcerieri erano uomini? Coloro che analizzano, ammazzano, sezionano e riducono a un numero di sei cifre un loro fratello, sono uomini? Hanno ancora un minimo di dignità umana? No, sono animali. Anzi, meno di animali. Un leone uccide perché ha fame. I nazisti e tutti gli altri persecutori e genocidi del mondo, uccidono per odio, per una furia cieca, ispirata da uomini folli, badate bene però, osannati da persone perfettamente lucide.

Forse le persone pensano che noi reduci possiamo predire il futuro. Vede, maestra, noi non siamo indovini. Siamo solamente vittime.

"Se questo è un uomo"

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un si o per un no.

Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

stando in casa andando per via,

coricandovi, alzandovi.

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

 

Primo Levi Autori: Matteo Mastragostino, Alessandro Ranghiasci Anno di pubblicazione: 2017 Età adatta: da 11 anni in su Lunghezza: corto (125 pagine) Casa editrice: Becco giallo

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1 Comment


Sara
Sara
Jan 30, 2021

Bellissimo...

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