Scritto da Vittoria, 13 anni
Tra tutti i posti in cui potrei stare, sono qui, proprio in uno dei luoghi in cui meno vorrei essere.
Sono a corte, ad uno tra i balli più importanti dell'anno. Mi guardo intorno, non vedo nessun volto noto, anche se potrei sbagliarmi: le donne presenti mi sembrano tutte uguali, avvolte nei loro costosissimi vestiti; gli uomini, ad uno sguardo attento, si potrebbero distinguere, ma io non ho la minima idea di chi potrebbero essere. Lo sguardo mi cade sul mio odiatissimo abito bianco, più costoso di qualsiasi altro, quello che tutte vorrebbero avere. Tutte, tranne una. Me. Tutte in effetti vorrebbero essere me, vivere la vita che io detesto. Certo, venire da una famiglia ricca è già un privilegio, se poi uno degli uomini più importanti del Paese, o forse del mondo, ti chiede in moglie... Agli occhi degli altri la tua vita sembra perfetta. Sono consapevole di essere egoista, ma non posso farci niente.
Mentre sono assorta in questi pensieri, parte la musica, che riconoscerei ovunque. È di Beethoven, un compositore che stimo moltissimo, deceduto da qualche anno, non troppo tempo. La sua musica mi trascina, ci volo dentro e finisco in un vortice. Mi ritrovo in mezzo al salone e comincio a ballare, da sola, per quello che mi permette il mio scomodissimo abito. Chiudo gli occhi per non vedere gli sguardi di disapprovazione delle persone che ho attorno. Sento qualcuno che mi chiama, o credo di sentirlo, un soffio di vento che fa volteggiare il mio nome, da sempre odiato: "Ofelia, Ofelia". Inizio a ridere, rido per tutto, per quello che non ho potuto fare, per quello che avrei voluto non fare, perché non ho mai avuto nessun potere sulla mia vita, per quello che avrei voluto essere, per quello che sfortunatamente sono, per mio padre, per il marito che non ho potuto scegliere in quanto donna, per quelli che mi guardano male e per quelli che mi ammirano, ma non hanno il coraggio, o forse si vergognano, di ammetterlo. Ma soprattutto rido per me, per la mia vita e la libertà che passa in secondo piano, perché il denaro è la priorità. Rido, rido, rido, fino a che non piango, mi lascio cadere sul duro e freddo pavimento di mattonelle, e mentre tutto diventa nero, penso che morirò felice, perché in una sera sono riuscita a fare le due cose che ho sempre sognato: mostrare al mondo chi è la vera Ofelia, ed infangare il nome di mio padre e di mio marito. Sento il sangue scorrere dal taglio sulla mia nuca, macchiandomi il vestito. Sorrido e penso che non me ne importa niente. Emetto il mio ultimo respiro proprio mentre l'orologio batte la mezzanotte, e, con essa, l'inizio della giornata in cui avrei dovuto compiere vent'anni.
cosa dovrei dire? emozionante, straziante, terribilmente vero, è questo che lo rende quello che è, la sua mostruosa verità, più attuale che mai